“Non può ritenersi che l’attivazione di una macchina da parte di soggetto inconsapevole possa costituire fattore causale autonomo tale da determinare l’esonero della responsabilità del datore di lavoro e degli eventuali ed ulteriori garanti (dirigente, preposto), visto che rientra tra i compiti di questi ultimi quello di assicurare la sicurezza degli impianti e di evitare incidenti, ove l’operazione posta in essere sia tipica delle lavorazioni”.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione Penale in una recente sentenza che ha accertato la responsabilità degli imputati (datore di lavoro, dirigente e preposto) per un infortunio mortale, causato nei confronti di un dipendente, durante la manutenzione di un’attrezzatura per la produzione del calcestruzzo. Secondo quanto affermato prima dal Tribunale di Modena e poi dalla Corte d’appello di Bologna, le modalità dell’infortunio sono state ricostruite in modo non controverso.
“Il dipendente – si legge nella sentenza – si è introdotto all’interno di un miscelatore di calcestruzzo per eseguire operazioni di pulizia e manutenzione. Tuttavia l’apparato di sicurezza che avrebbe dovuto inibire l’accensione dell’impianto in concomitanza di persone al suo interno non era funzionante, essendo stato bloccato da incrostazioni di calcestruzzo. Tale inconveniente era noto agli imputati che, tuttavia, nulla avevano fatto per risolverlo; né avevano posto in atto procedure manuali per assicurare che l’apparato non entrasse impropriamente in funzione in concomitanza con la presenza di persone al suo interno”. Agli imputati è stato ascritto il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro con un risarcimento anche del danno nei confronti delle parti civili.
“Il dipendente – si legge nella sentenza – si è introdotto all’interno di un miscelatore di calcestruzzo per eseguire operazioni di pulizia e manutenzione. Tuttavia l’apparato di sicurezza che avrebbe dovuto inibire l’accensione dell’impianto in concomitanza di persone al suo interno non era funzionante, essendo stato bloccato da incrostazioni di calcestruzzo. Tale inconveniente era noto agli imputati che, tuttavia, nulla avevano fatto per risolverlo; né avevano posto in atto procedure manuali per assicurare che l’apparato non entrasse impropriamente in funzione in concomitanza con la presenza di persone al suo interno”. Agli imputati è stato ascritto il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro con un risarcimento anche del danno nei confronti delle parti civili.
Corte di Cassazione , IV Sezione penale – Sentenza 14 giugno 2013, n. 26243